Le deformità degli arti inferiori vanno trattate anche precocemente se dovute a un deficiente o mancato sviluppo di parti dello scheletro degli arti inferiori (femore corto congenito, deficiente o mancato sviluppo della tibia o del perone).
Se invece tali deformità sono idiopatiche, senza cioè una causa evidente, vanno osservate ed eventualmente trattate solo nelle forme più gravi prima della fine dello sviluppo puberale. In questo periodo infatti, sono attive (o "fertili") le cartilagini di accrescimento delle ossa lunghe che sono situate all'altezza delle metafisi, vale a dire nella zona in cui si congiungono epifisi e diafisi. Terminato lo sviluppo puberale, le cartilagini di accrescimento "si saldano" e le ossa non possono più crescere in lunghezza.
Si utilizzano tecniche chirurgiche di emiepifisiodesi temporanea dette anche "tecniche di crescita controllata".
Questa tecnica ha lo scopo di arrestare temporaneamente la crescita ossea nel suo versante interno oppure esterno, a seconda dei casi, in modo che la normale crescita dell'osso sull'altro versante permetta una progressiva "autocorrezione" del difetto. L'inserimento di un dispositivo metallico a forma di U, con le due braccia parallele inserite nella cartilagine di accrescimento ne arrestano la crescita. La parte opposta della cartilagine, con la crescita residua, correggerà progressivamente la deformità. All'incirca uno-due anni dopo l'intervento, il dispositivo viene rimosso.
Differenze di lunghezza di 1 cm o meno non hanno immediata rilevanza clinica, vengono spesso osservate e nella gran parte dei casi migliorano spontaneamente verso la fine della pubertà.
Eterometrie tra 1 cm e 2 cm necessitano di un'attenta osservazione, di un trattamento ortesico (plantari con rialzo e calzature predisposte) per diminuire l'obliquità del bacino. In qualche caso si rende necessario il trattamento chirurgico.
Eterometrie superiori ai 2 cm necessitano di norma di un trattamento chirurgico correttivo.
Il trattamento chirurgico delle dismetrie (differenze di lunghezza) in età pediatrica si basa sull'età del paziente e sulla gravità del quadro clinico.
I trattamenti chirurgici che vengono presi in considerazione sono:
- Le epifisiodesi temporanee o definitive del segmento scheletrico più lungo;
- L'allungamento dei segmenti scheletrici interessati.
Particolare importanza nella correzione delle dismetrie deve essere posta al calcolo dell'altezza definitiva che verrà raggiunta dal paziente, alla lunghezza del segmento scheletrico interessato, alla previsione della differenza di lunghezza tra gli arti al termine della pubertà, all'altezza minima - a termine accrescimento - accettabile da parte del paziente e dei familiari quando si pianifica un intervento di epifisiodesi.
Le epifisiodesi sono il trattamento da preferire per dismetrie tra i 2 e i 4 cm, soprattutto per pazienti che si avviano alla maturità scheletrica, in malattie non congenite, quando l'accorciamento dell'arto è causato in egual misura dal femore e dalla tibia e quando la dismetria è dovuta alla crescita eccessiva di un arto.
È una procedura chirurgica semplice, sicura, ben tollerata dal paziente ma va attentamente pianificato il momento in cui intervenire. A questo fine si utilizzano misurazioni radiografiche ripetute nel tempo e gli algoritmi sopra menzionati.
L'allungamento del segmento scheletrico interessato rimane la metodica più spesso utilizzata.
Le tecniche di allungamento utilizzabili in età pediatrica sono fondamentalmente:
- Il fissatore esterno monoassiale;
- Il fissatore esterno circolare;
- Il fissatore esterno ibrido (combinazione di assiale e circolare);
- L'allungamento con fissatore esterno su infibulo endomidollare;
- Il chiodo endomidollare telescopico motorizzato o magnetico.
Il paziente avrà una degenza di circa 5-7 giorni. Durante il ricovero i genitori e il paziente stesso verranno educati riguardo alle modalità di allungamento e alla medicazione quotidiana dei tramiti dei fili e delle viti che fissano il fissatore all'arto.
Nell'allungamento si distinguono 5 fasi:
- Fase di attesa (periodo compreso tra intervento e inizio dell'allungamento);
- Fase di distrazione (o allungamento);
- Fase di consolidazione statica (tutti gli elementi del fissatore sono bloccati);
- Fase di consolidazione dinamica (alcuni elementi del fissatore vengono sbloccati);
- Rimozione.
L'allungamento viene iniziato circa 1 settimana dopo l'intervento chirurgico e prevede una velocità di distrazione di circa 1 mm al giorno che può essere modificata nel corso del trattamento. Le articolazioni vanno mobilizzate precocemente dal paziente in collaborazione con il fisioterapista.
Durante la fase di distrazione (allungamento) il paziente non può caricare l'arto affetto. Potrà farlo gradatamente più avanti, durante la fase di consolidazione.
Le radiografie di controllo vengono effettuate settimanalmente durante la fase di distrazione e mensilmente durante la fase di consolidazione.
La rimozione dell'apparato avviene quando il segmento scheletrico allungato presenta una ristrutturazione ossea evidente all'esame radiografico e viene effettuata in regime di Day Surgery.
Dopo la rimozione dell'apparato può essere utilizzata una tutela, gessata o con tutori predisposti, oppure lasciato carico libero senza tutele.