Il piede equino è caratterizzato dall'appoggio sulla punta del piede (Figura 1); questa deformità si verifica per il prevalere dei muscoli flessori della pianta del piede (muscoli agonisti) che, a seguito dell'aumento anomalo del tono muscolare (ipertono neurologico), sono troppo forti rispetto agli estensori dorsali del piede (muscoli antagonisti). Il tendine di Achille inizia così ad accorciarsi impedendo l'appoggio al suolo della parte posteriore del piede (retropiede). Il paziente cammina così sulle punte riducendo pertanto la base di appoggio e creando un compenso in flessione delle ginocchia e delle anche.
Il trattamento del piede equino varia in rapporto all'età del paziente e al grado di riducibilità della deformità, vale a dire la possibilità di riportare manualmente l'articolazione nella posizione normale.
Se l'equinismo è correggibile manualmente (riducibile) portando il piede oltre i 90°, il trattamento è conservativo e prevede un'opportuna riabilitazione aiutata dall'impiego di apparecchi correttivi ortopedici (ortesi) e di infiltrazioni locali di tossina botulinica. L'abnorme flessione della pianta del piede che causa il piede equino è provocata dalla spasticità del muscolo tricipite della sura; iniettando tossina botulinica localmente, nel muscolo tricipite della sura, il muscolo si rilassa e si attenuano così i sintomi dell'equinismo.
Se l'equinismo non è riducibile manualmente, il trattamento diventa chirurgico ed in genere si esegue un allungamento della regione muscolo tendinea del polpaccio praticato attraverso la pelle (percutaneo) con un microbisturi che viene introdotto nel muscolo (fibrotomia - Figura 2).
In genere si cerca di trattare i bambini più piccoli in maniera conservativa tranne quei casi in cui la deformità sia conclamata e non curabile se non chirurgicamente.
Il trattamento chirurgico mininvasivo di allungamento achilleo può essere ripetuto in fase di crescita.